L’agricoltura biologica in questi anni ha sollevato molto interesse nei consumatori soprattutto a causa di alcuni scandali alimentari (BSE e Diossina) pur rimanendo un mercato di nicchia, dovuto in larga parte ai prezzi più alti rispetto ai corrispettivi prodotti convenzionali.
In Italia, uno dei paesi leader nella produzione biologica europea interessa circa il 6,9% nel della superficie agricola, di cui più del 50% rappresentato da pascoli e foraggere.
Oltre alle considerazioni di tenore ambientale, altri motivi che hanno spinto l’adozione di questo tipo di pratica agricola in generale sono state quelle di tenore imprenditoriale (i consumatori sono disposti a pagare di più per i prodotti biologici) o legate alla disponibilità di finanziamenti dell’Unione europea per l’adozione di pratiche agricole eco-compatibili.
A differenza di quanto accade in tutta Europa, Stati Uniti o Giappone, dove tutte le principali catene distributive realizzano prodotti biologici a proprio marchio, e dove esistono catene di supermercati specializzati, negli ultimi anni la diffusione dei prodotti biologici nella grande distribuzione del nostro Paese ha subito un rallentamento.
L’esaurimento delle risorse dei Piani regionali di sviluppo – lo strumento con cui le Regioni “spendono” i finanziamenti europei per l’agricoltura – ha avuto la maggior responsabilità nella riduzione del numero delle aziende e delle superfici di vendita.
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