Una prestigiosa rivista medico-scientifica “Lancet”, ha lanciato l’allarme: “Gli additivi aumentano l’iperattività e deficit di attenzione nei bambini” . La pericolosità degli additivi non riguarda solo la presunta iperattività infantile, che aumenta in presenza di sostanze chimiche, ma tocca numerosi aspetti della vita umana infantile e adulta. E’ un fatto noto che la chimica ingerita, è tanto più pericolosa quanto più delicate sono le condizioni del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario. Bambini estremamente sensibili, come gli autistici, o quelli che soffrono di un disturbo comportamentale, manifestano maggiormente la tossicità degli additivi rispetto un bambino che non ha apparentemente nulla di particolare. La pubblicazione della ricerca, finanziata dall’agenzia britannica per la sicurezza alimentare, secondo la quale l’assunzione di alimenti contenenti additivi chimici (in particolare coloranti) è causa di un aumento dei livelli di iperattività nei bambini di età compresa tra i 3 e i 9 anni, per tanto non è una novità. Ma vediamo nel dettaglio com’è avvenuta questa sperimentazione. Un gruppo di 297 bambini – una parte di questi affetti da disturbi del comportamento – sono stati divisi in due gruppi separati (153 e 144). A tutti i bambini è stato dato da bere succo di frutta, ma alcuni avevano succo addizionato con un mix di additivi-E, altri invece solo succo. Risultato: i bambini che hanno assunto sostanze le chimiche di sintesi (additivi-E), erano più rumorosi, perdevano concentrazione, maggiormente impulsivi, rispetto a quelli che avevano bevuto il succo puro (indipendentemente se avevano o meno problemi di comportamento)! Per questo motivo i ricercatori, consigliano ai genitori di non far consumare ai propri figli i seguenti coloranti: E102, E124, E122, E110 e il sodio benzoato E211. La pericolosità riguarda quasi tutti gli additivi/aromi che vengono introdotti nei non-cibi. Se un alimento è vivo, sano e buono NON ha bisogno di alcuna sostanza addizionata, perché il suo gusto è dato dalla Natura: non sarà bello esteticamente, ma la cosa importante è l’apporto nutrizionale. Se un cibo invece è morto (come tutti quelli prodotti a livello industriale), non ha alcun gusto perché le materie prime sono poche e di scarsa qualità (molto spesso liofilizzate), ha bisogno per essere venduto di un sostegno nel gusto e nell’estetica: aromi – costruiti in laboratorio – che ingannano il cervello dando un gusto accettabile in bocca, e additivi per renderli più belli alla vista e al tatto. L’aroma di un cibo può essere all’origine del novanta per cento del suo sapore. Il cibo dovrebbe aiutarci a distinguere il cibo adatto da quello che non lo è. Le nostre papille gustative possono individuare una mezza dozzina di sapori base: dolce, acido, amaro, salato, aspro e unami (sapore scoperto dai giapponesi: gusto ricco e corposo che ha origine dagli aminoacidi di cibi come crostacei, funghi, patate e alghe). Le papille però sono un mezzo di riconoscimento molto limitato se paragonato all’olfatto, che può percepire migliaia di aromi chimici diversi. Il naso umano è più sensibile di qualsiasi strumento inventato finora. Ecco perché lo scopo degli aromatisti in camice bianco, quelli che lavorano nelle aziende plurimiliardarie dedite alla costruzione in laboratorio di aromi, è quello di trovare il gusto giusto. Una volta trovato l’aroma, va verificata però la “sensazione” che produce in bocca. Per questo si ricorre alla “reologia”, una branca della fisica che studia il flusso e la deformazione dei materiali. Delle ‘bocche meccaniche‘, in grado di elaborare dati provenienti da svariate sonde, misurano le proprietà reologiche di un cibo: scorrimento, punto di rottura, densità, croccantezza, masticabilità, viscosità, grumosità, gommosità, duttilità, scivolosità, levigatezza, sofficità, umidità, succosità, spalmabilità, elasticità e adesività. In commercio l’alternativa c’è, basta volerlo. Se crediamo che “siamo fatti di ciò che mangiamo”, allora è ovvia l’importanza di una dieta sana, composta da cibi vivi, naturali e pieni di sostanze utili all’organismo (fitonutrienti). Ecco in sintesi questi additivi: I coloranti (sigle da E100 a E199), sono sostanze chimiche che servono per rendere il cibo esteticamente più bello allo sguardo. I conservanti (sigle da E200 a E299) servono, lo dice il nome stesso, a rendere duraturo nel tempo (da qualche giorno a qualche anno!) un alimento. Gli antiossidanti e regolatori di acidità (sigle da E300 a E399) servono a impedire l’ossidazione. Gli addensanti, emulsionanti, gelificanti e stabilizzanti (sigle da E400 a E499) migliorano anch’essi le caratteristiche del cibo. Infine gli esaltatori di sapidità (sigle da E600 a E699), tra cui il pericolosissimo glutammato monosodico (E620) rendono un cibo morto e privo di gusto, buono e appetitoso. Negli additivi vari, cioè quelli che vanno da E900 a E999, rientrano gli edulcoranti di sintesi, cioè i dolcificanti, tra cui la sostanza più pericolosa in commercio: l’aspartame (E951). Ma non finisce qui, perché gli additivi continuano da E1000 a E1999.
Additivi e aromi: l’altra faccia dell’alimentazione
31 Gennaio 2015Scritto da Massimiliano Quintiliani
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