Attualmente, i dibattiti più accesi riguardo le conseguenze economiche connesse alla produzione ed alla commercializzazione degli OGM sono incentrati sui problemi di etichettatura, di modificazioni del mercato agro-alimentare, di reale convenienza economica e, specialmente, di efficacia nel risolvere il problema della fame nel mondo. Quando si parla di biodiversità, ci si riferisce all’intero patrimonio genetico di tutte le specie coltivate in un determinato territorio, unitamente all’intera parentela selvatica e alla flora locale in generale. La comunità scientifica ritiene che quanto maggiore è il patrimonio genetico tanto più ampia è la diversità biologica, e quindi la possibilità di sviluppare nuove varietà vegetali. Il rilascio ambientale delle piante transgeniche ha diviso la comunità scientifica internazionale sulle possibili conseguenze che queste potrebbero avere sull’ambiente: l’immissione di organismi geneticamente modificati nell’ambiente può determinare distorsioni irreparabili sulla fauna e flora, ed in generale su tutto il patrimonio genetico locale. Le piante transgeniche, infatti, sono custodi non solo dei geni provenienti dalla propria specie, bensì anche da quelli di altre specie come, ad esempio, pesci o batteri. Questa caratteristica, come detto prima, potrebbe deteriorare le condizioni dell’ambiente in cui si immettono tali piante per due ordini di motivi: da un lato, verrebbero a crearsi delle resistenze da parte dell’insetto destinatario dell’insetticida e delle malerbe destinatarie dell’erbicida e, dall’altro, verrebbero ad essere soppressi tutti quegli insetti benefici per l’agricoltura,. A tal proposito, basti pensare che gli effetti dannosi sulla biodiversità animale possono essere riscontrati nell’uccisione, per mano del polline transgenico, della farfalla Monarca, animale benefico per i processi di impollinazione, e, a causa del contatto tra le foglie transgeniche ed il terreno nel processo di aratura, al danneggiamento della popolazione degli invertebrati, come, ad esempio, i nematodi, essenziali per la salute e la fertilità dei terreni. Gli erbicidi e gli insetticidi chimici tradizionali, nel corso degli anni, si sono rivelati sempre meno in grado di svolgere la loro funzione, proprio in virtù delle nuove capacità di resistenza acquisite dai loro destinatari. Per questo motivo si è deciso di attaccare gli insetti o le malerbe non più con la chimica, ma ricorrendo direttamente ai geni, grazie alla moderna ingegneria chimica. Oltre allo sviluppo di un fattore di resistenza, un ulteriore problema collegato all’uso delle piante trans genetiche è quello dell’ “inquinamento involontario”. È possibile, infatti, che il polline di tali piante venga trasportato dal vento nelle colture e, più in generale, nell’ambiente circostante, il tutto all’insaputa degli agricoltori. Potenzialmente, il risultato di questa problematica è quello dello sviluppo monoculturale involontario di intere regioni, creando una situazione completamente antitetica al concetto di biodiversità, fulcro della trasmissione orizzontale della tolleranza agli erbicidi alle piante circostanti, ma soprattutto, concetto essenziale per uno sviluppo ambientale sostenibile. Per chiudere il cerchio, preme sottolineare come le piante transgeniche, resistenti per definizione ai virus, possano favorire un processo di ricombinazione, peculiare nei virus, per il quale se ne vengono a formare di nuovi e più resistenti. Di conseguenza, dunque, data la “non-resistenza” della pianta transgenica al nuovo virus, occorrerebbe creare un nuovo tipo di OGM, corredato di geni che tollerino il nuovo virus, tornando, dunque, da dove si era partiti.
Teoria e tecniche degli OGM
18 Giugno 2015Scritto da Massimiliano Quintiliani
Ancora nessun commento