In tutte le culture, nei modi di dire, nel senso comune, la pancia è tradizionalmente la sede principale dei sentimenti e delle emozioni, ma per la maggior parte dei cittadini occidentali è solo la parte più viscida e rumorosa del corpo umano. Finché a qualcuno non è venuto in mente di contare le fibre nervose dell’intestino ed ha scoperto che la pancia è la sede di un secondo cervello, quasi una copia di quello che abbiamo nella testa e che produce sostanze psicoattive che influenzano gli stati d’animo. Il cervello addominale, così viene definito, è in gran parte indipendente, infatti il 90% delle informazioni va dal basso verso l’alto, invia più segnali all’altro cervello di quanti non ne riceva da esso. Aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni, può ammalarsi, soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi. Prova sensazioni, pensa e ricorda. A livello evolutivo, durante la formazione dell’embrione, una parte delle cellule nervose viene inglobata nella testa, un’altra va nell’addome: i collegamenti tra i due sono tenuti dal midollo spinale e dal nervo vago. Al secondo cervello sono affidate le decisioni spontanee e inconsapevoli. Per studiare questo secondo cervello è nata una nuova scienza: la neurogastroenterologia. Le basi le ha gettate a metà dell’800, Leopold Auerbach che osservando al microscopio l’intestino notò due strati sottilissimi di cellule nervose tra due strati di muscolo. Allora dell’intestino non si sapeva molto se non che estrae l’energia dal cibo. La rete di cellule nervose intravista dal neurologo tedesco, oggi si sa, non si limita ad analizzare la composizione del cibo e a coordinare i meccanismi di assorbimento e di escrezione. Comanda anche la velocità del transito e altre funzioni grazie all’equilibrio tra neurotrasmettitori inibitori ed eccitatori, ormoni stimolanti e secrezioni protettive. Come dice Michael D. Gershon: “Il corpo viene a contatto con l’esterno non solo attraverso la pelle ma anche attraverso la parete dell’intestino. Un tunnel così ben costruito da consentire all’ambiente circostante di attraversarci senza farci alcun danno”. Il cervello addominale è, quindi, anche l’organizzatore del fronte contro gli invasori, sovrintende alla superficie più grande del corpo umano in contatto con l’esterno. Così si spiega perché il 70% delle cellule del sistema immunitario si trovino nell’addome. E se nell’addome penetrano veleni, il cervello addominale avverte il cervello della testa che reagisce con una strategia prestabilita: vomito, crampi e diarrea. Gershon si innamorò del cervello addominale quando apprese che il 95% della serotonina, neuromediatore che influisce sugli stati d’animo, è prodotta dalle cellule nervose dell’intestino ed è responsabile anche del riflesso peristaltico. Attraverso questo neuromediatore e un’altra quarantina di sostanze chimiche secrete dal cervello addominale esso può comunicare con il cervello della testa. Grazie a questo stesso linguaggio chimico parlato dai due cervelli, si spiega perché nei malati di Alzheimer e di Parkinson si riscontra lo stesso tipo di lesioni in entrambi i cervelli. E perché i farmaci psichiatrici agiscono anche sull’intestino e quelli gastroenterici anche sul cervello.
Abbiamo due cervelli: uno in testa, uno in pancia
30 Gennaio 2015Scritto da Massimiliano Quintiliani
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