Negli ultimi due decenni il biologico è “entrato” con forza nella scuola, come modello alimentare ma anche, non secondariamente, educativo. In Italia, da oltre un decennio a questa parte, abbiamo più diffusamente parlato di “MENSE BIO”, l’alimentazione sostenibile, infatti, nelle mense scolastiche compie decisi passi in avanti per quanto riguarda la tipologia di cibi presentati a bambini. Più cibi integrali, meno carne rossa. Più alimenti ricchi di fibre e meno zuccheri semplici. Più prodotti biologici e meno ortaggi delle serre. Più frutta a km zero e meno verdura che arriva da Paesi lontani. Via libera per tutti quei cibi che regalano una sensazione di sazietà e fanno mangiare il giusto, come uova, latte e yogurt, pasta e pane, cereali, legumi.
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Le scuole cominciano ad organizzarsi, a modificare le gare d’appalto, a pensare a una nuova cultura alimentare per far nascere un buon rapporto con l’abitudine al mangiare. Perché sono più di due milioni i giovani che in Italia soffrono del disturbo del comportamento alimentare. Oltre all’obesità anche la bulimia e l’anoressia affliggono gli adolescenti. Il cibo di qualità e i prodotti della dieta mediterranea sono oggi inseriti nei menù delle scuole italiane dagli asili nido alle superiori. Più prodotti biologici e a filiera corta, coltivati cioè in terreni molto vicini a quelli dove vengono prodotti e consumati.
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I cibi biologici fanno più fatica ad entrare nelle scuole per via dei costi che vengono stimati tra il 50 e il 100% in più rispetto agli stessi non biologici. Nonostante questo, le mense biologiche, a cominciare dai maggiori comuni, sono aumentate notevolmente negli ultimi anni: sono circa 1.196 quelle totalmente bio, la maggioranza nelle regioni del Nord come si legge in una ricerca Nomisma. L’Emilia Romagna è una delle Regioni che ha fatto la scelta delle “Mense Bio” già da oltre quindici anni, ed è leader nazionale in quest’ambito.
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