Il vino biologico, espressione ancora da definire a livello comunitario e nazionale, ma che sta diventando un sinonimo di prodotto d’alta qualità e di immagine. Molti sono ormai i mercati nazionali ed internazionali (Germania, USA, Giappone, Australia, etc.) dove viene richiesto vino ottenuto da uve da agricoltura biologica e tantissimi ormai i produttori che si sono avviati a questo tipo di coltivazione, segno che qualcosa si sta evolvendo. Cresce il numero dei consumatori, che vanno alla ricerca di prodotti semplici, naturali che non derivano da un’agricoltura forzata, “dopata” con i soliti concimi chimici e i pesanti trattamenti anticrittogamici.
>>> Visita Centro Ricerca Ceramica <<<
Aumentano i negozi e gli spazi bio all’interno degli ipermercati ed il numero delle “etichette” da agricoltura biologica nelle liste dei vini di molti ristoranti famosi in Italia e nel mondo. Ciò avviene, malgrado la grande confusione che rispetto all’argomento, è ancora presente. Mi riferisco all’assenza di una normativa specifica europea che consenta di chiarire parametri e tecniche di produzione, per poter definire il vino Biologico e non come adesso avviene: vino da uve biologiche. A questo proposito aspettiamo che arrivi provvidenziale un regolamento sulla produzione del vino biologico nell’UE. Si auspica di eliminare l’attuale confusione che circonda il prodotto e di chiarire soprattutto le norme sull’etichettatura, che attualmente prevede la dizione obbligatoria “contiene solfati”, che in un vino biologico non dovrebbe essere menzionata, stabilendo una dose minima di anidrite solforosa (SO2) ammissibile. Un altro aspetto fondamentale riguarda la soddisfazione del gusto.
>>> Visita Centro Ricerca Ceramica <<<
Gli intenditori sanno bene quanto dal punto di vista organolettico un “vino biologico”, ha le stesse caratteristiche di un vino prodotto con il metodo convenzionale e a volte superiori, che purtroppo con il passare del tempo tendono a sfumare a causa di problemi di stabilizzazione e di conservazione. Una dose minima di antisettico (SO2), permette di mantenere queste caratteristiche di pregio naturali, che si sono formate durante il processo di fermentazione e di stabilizzare il prodotto, mantenendo le qualità sino al consumo. Tra le soluzioni allo studio, l’uso del lisozima, una proteina naturale che agisce da antisettico in sostituzione dell’anidrite solforosa. L’Italia, leader in Europa con una superficie vitata che si aggira attorno ai 34 mila ettari, è la nazione più sensibile all’argomento e la Sicilia, che con il 28% della superficie vitata nazionale, è la regione favorita dalle ottime condizioni pedoclimatiche e dalla consapevolezza che si può produrre qualità anche con un occhio di riguardo all’ambiente e alla naturalità. Biologico si può, si deve e, cosa che non guasta affatto, fa anche tendenza.
Il vino biologico, espressione ancora da definire a livello comunitario e nazionale, ma che sta diventando un sinonimo di prodotto d’alta qualità e di immagine. Molti sono ormai i mercati nazionali ed internazionali (Germania, USA, Giappone, Australia, etc.) dove viene richiesto vino ottenuto da uve da agricoltura biologica e tantissimi ormai i produttori che si sono avviati a questo tipo di coltivazione, segno che qualcosa si sta evolvendo.
Il vino biologico, espressione ancora da definire a livello comunitario e nazionale, ma che sta diventando un sinonimo di prodotto d’alta qualità e di immagine. Molti sono ormai i mercati nazionali ed internazionali (Germania, USA, Giappone, Australia, etc.) dove viene richiesto vino ottenuto da uve da agricoltura biologica e tantissimi ormai i produttori che si sono avviati a questo tipo di coltivazione, segno che qualcosa si sta evolvendo.
>>> Visita Centro Ricerca Ceramica <<<
Cresce il numero dei consumatori, che vanno alla ricerca di prodotti semplici, naturali che non derivano da un’agricoltura forzata, “dopata” con i soliti concimi chimici e i pesanti trattamenti anticrittogamici. Aumentano i negozi e gli spazi bio all’interno degli ipermercati ed il numero delle “etichette” da agricoltura biologica nelle liste dei vini di molti ristoranti famosi in Italia e nel mondo. Ciò avviene, malgrado la grande confusione che rispetto all’argomento, è ancora presente. Mi riferisco all’assenza di una normativa specifica europea che consenta di chiarire parametri e tecniche di produzione, per poter definire il vino Biologico e non come adesso avviene: vino da uve biologiche. A questo proposito aspettiamo che arrivi provvidenziale un regolamento sulla produzione del vino biologico nell’UE. Si auspica di eliminare l’attuale confusione che circonda il prodotto e di chiarire soprattutto le norme sull’etichettatura, che attualmente prevede la dizione obbligatoria “contiene solfati”, che in un vino biologico non dovrebbe essere menzionata, stabilendo una dose minima di anidrite solforosa (SO2) ammissibile. Un altro aspetto fondamentale riguarda la soddisfazione del gusto. Gli intenditori sanno bene quanto dal punto di vista organolettico un “vino biologico”, ha le stesse caratteristiche di un vino prodotto con il metodo convenzionale e a volte superiori, che purtroppo con il passare del tempo tendono a sfumare a causa di problemi di stabilizzazione e di conservazione. Una dose minima di antisettico (SO2), permette di mantenere queste caratteristiche di pregio naturali, che si sono formate durante il processo di fermentazione e di stabilizzare il prodotto, mantenendo le qualità sino al consumo. Tra le soluzioni allo studio, l’uso del lisozima, una proteina naturale che agisce da antisettico in sostituzione dell’anidrite solforosa. L’Italia, leader in Europa con una superficie vitata che si aggira attorno ai 34 mila ettari, è la nazione più sensibile all’argomento e la Sicilia, che con il 28% della superficie vitata nazionale, è la regione favorita dalle ottime condizioni pedoclimatiche e dalla consapevolezza che si può produrre qualità anche con un occhio di riguardo all’ambiente e alla naturalità. Biologico si può, si deve e, cosa che non guasta affatto, fa anche tendenza.
Cresce il numero dei consumatori, che vanno alla ricerca di prodotti semplici, naturali che non derivano da un’agricoltura forzata, “dopata” con i soliti concimi chimici e i pesanti trattamenti anticrittogamici. Aumentano i negozi e gli spazi bio all’interno degli ipermercati ed il numero delle “etichette” da agricoltura biologica nelle liste dei vini di molti ristoranti famosi in Italia e nel mondo. Ciò avviene, malgrado la grande confusione che rispetto all’argomento, è ancora presente. Mi riferisco all’assenza di una normativa specifica europea che consenta di chiarire parametri e tecniche di produzione, per poter definire il vino Biologico e non come adesso avviene: vino da uve biologiche. A questo proposito aspettiamo che arrivi provvidenziale un regolamento sulla produzione del vino biologico nell’UE. Si auspica di eliminare l’attuale confusione che circonda il prodotto e di chiarire soprattutto le norme sull’etichettatura, che attualmente prevede la dizione obbligatoria “contiene solfati”, che in un vino biologico non dovrebbe essere menzionata, stabilendo una dose minima di anidrite solforosa (SO2) ammissibile. Un altro aspetto fondamentale riguarda la soddisfazione del gusto. Gli intenditori sanno bene quanto dal punto di vista organolettico un “vino biologico”, ha le stesse caratteristiche di un vino prodotto con il metodo convenzionale e a volte superiori, che purtroppo con il passare del tempo tendono a sfumare a causa di problemi di stabilizzazione e di conservazione. Una dose minima di antisettico (SO2), permette di mantenere queste caratteristiche di pregio naturali, che si sono formate durante il processo di fermentazione e di stabilizzare il prodotto, mantenendo le qualità sino al consumo. Tra le soluzioni allo studio, l’uso del lisozima, una proteina naturale che agisce da antisettico in sostituzione dell’anidrite solforosa. L’Italia, leader in Europa con una superficie vitata che si aggira attorno ai 34 mila ettari, è la nazione più sensibile all’argomento e la Sicilia, che con il 28% della superficie vitata nazionale, è la regione favorita dalle ottime condizioni pedoclimatiche e dalla consapevolezza che si può produrre qualità anche con un occhio di riguardo all’ambiente e alla naturalità. Biologico si può, si deve e, cosa che non guasta affatto, fa anche tendenza.
Ancora nessun commento