Uno studio condotto da Arjen Hoekstra e Mesfin Mekonnen, in Olanda, ha voluto evidenziare quelli che sono i recenti dati relativi alla quantità d’acqua utilizzata per la produzione di beni di consumo tra il 1996 ed il 2005.
Essa è stata divisa in piovana, proveniente dalla superficie terrestre, ed inquinata, quest’ ultima necessaria per diluire gli agenti inquinanti rilasciati durante i processi produttivi al fine di lasciare standard la qualità delle risorse idriche di quello specifico paese.
Anche se non ce ne rendiamo conto infatti, l’acqua che utilizziamo per i più svariati scopi, dal lavarci all’irrigare i campi, corrisponde alla nostra “impronta idrica“, un indicatore capace di misurare l’impatto ambientale sulle risorse idrologiche causato dal nostro tenore di vita e dai nostri vizi.
Ognuno di noi consumerebbe circa 1385 metri cubi di acqua l’anno, fino a quella statunitense che pare si avvicini ai 2842 per persona ogni anno, mentre la Cina si accontenterebbe di 360 miliardi di mietri cubi d’acqua annuale inquinata, per un’ impronta idrica mondiale totale di 9087 miliardi di metri cubi di acqua l’anno.
Le differenze relative al consumo tra i diversi paesi dipendono molto dalle abitudini alimentari di ognuno di essi e, quindi, dalla mole di acqua che, caso per caso, utilizzano per la produzione di beni alimentari ed industriali, oltre a quelli non propriamente destinati al paese d’origine ma anche all’esportazione.
I dati appena riportati hanno lo scopo di farci riflettere e di ridurre l’enorme e spesso inutile utilizzo d’acqua sia personale che necessario alla produzione di beni commerciali; soprattutto, conoscere le differenti capacità idriche dei paesi può essere di grosso aiuto per la pianificazione di politiche atte a costruire un’autosufficienza alimentare nazionale e dunque limitare l’importazione quando non ne sia strettamente richiesto.
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