In Italia il modello di certificazione del biologico in vigore è quello di parte terza, ma si fanno largo sempre di più ipotesi di altri due modelli alternativi: la certificazione partecipativa e la certificazione di gruppo. Vediamo brevemente le caratteristiche dei 3 modelli.
Certificazione di parte terza
La certificazione di parte terza è affidata a degli enti terzi, per l’appunto, e indipendenti rispetto all’azienda che devono certificare. La terzietà di questi organismi prevede che non abbiamo con le imprese controllate nessun tipo di rapporto passibile di “conflitto di interessi”, come l’assistenza tecnica, o la concorrenza tramite vendita di prodotti analoghi a quelli commercializzati dall’azienda controllata. Con questo sistema, gli organismi di controllo possono essere sia enti pubblici che privati. In questo secondo caso, come avviene per l’Italia, i controllori sono a loro volta controllati da un ente pubblico che ne garantisce il buon funzionamento e la reale indipendenza di azione.
Certificazione partecipativa
I sistemi di garanzia partecipativa, così come la certificazione ufficiale, mirano a fornire ai cittadini una garanzia credibile sulla qualità dei prodotti commercializzati. La differenza rispetto alla certificazione di parte terza è che i produttori e i consumatori sono coinvolti nel processo di certificazione. Trasparenza e fiducia sono gli elementi essenziali della sua efficacia. Ad oggi, i sistemi di garanzia partecipativa hanno cominciato a diffondersi in alcuni paesi (USA, Brasile, India, Nuova Zelanda, Francia, Irlanda, Inghilterra, etc.) perchè permette a piccoli produttori e trasformatori di ridurre i costi, spesso troppo elevati, della certificazione tradizionale, mantenendo al minimo la burocrazia. Secondo i sostenitori del modello partecipativo, il sistema formale non riesce a garantire a pieno la qualità e l’integrità delle piccole biodiversità. La certificazione partecipativa chiede la fiducia dei consumatori attraverso la diffusione di informazioni, la trasparenza e il controllo della società civile. Il consumatore viene coinvolto nella definizione di norme e procedure di certificazione.
Certificazione di gruppo
La certificazione di gruppo funziona tramite la creazione di forme associative, e di network di imprese che aderiscono su base volontaria a standard comuni. La presenza di forme associative tra le imprese è spesso, peraltro, il vero nodo struturale di questo tipo di certificazione, che può essere utile per interventi di gestione sostenibile delle risorse delle aree interne del paese, o di aree protette, come i parchi naturali. La certificazione dei sistemi di gestione associata, l’etichettatura del prodotto finito, e quindi la certificazione della rintracciabilità del prodotto stesso nella filiera produttiva, può stimolare il mercato a riconoscere un “premium ambientale” per i prodotti provenienti da Aree Protette ben gestite contribuendo a ridurre i costi delle compensazioni pubbliche. In genere, ad un ente pubblico, ad esempio l’ente parco, spetta la verifica della correttezza del lavoro di certificazione di gruppo.
La certificazione del bio italiano in cifre
In Italia ci sono 43.000 aziende biologiche che ricevono da parte degli OdC circa 60.000 controllo l’anno, di cui 6.000 con prelievo di campioni. Per dare un’idea delle proporzioni, l’ispettorato Centrale per il controllo della Qualità dei prodotti agroalimentari dipendente dal Mipaaf – ha seguito nel settore del biologico, durante l’ultimo anno, 1.700 ispezioni su 2.000 prodotti di 1.500 operatori, portando a termine 400 campionamenti. (Fonti: Aiab, Coldiretti, Legambiente).
In Italia il modello di certificazione del biologico in vigore è quello di parte terza, ma si fanno largo sempre di più ipotesi di altri due modelli alternativi: la certificazione partecipativa e la certificazione di gruppo. Vediamo brevemente le caratteristiche dei 3 modelli.
Certificazione di parte terza
La certificazione di parte terza è affidata a degli enti terzi, per l’appunto, e indipendenti rispetto all’azienda che devono certificare.
In Italia il modello di certificazione del biologico in vigore è quello di parte terza, ma si fanno largo sempre di più ipotesi di altri due modelli alternativi: la certificazione partecipativa e la certificazione di gruppo. Vediamo brevemente le caratteristiche dei 3 modelli.
Certificazione di parte terza
La certificazione di parte terza è affidata a degli enti terzi, per l’appunto, e indipendenti rispetto all’azienda che devono certificare. La terzietà di questi organismi prevede che non abbiamo con le imprese controllate nessun tipo di rapporto passibile di “conflitto di interessi”, come l’assistenza tecnica, o la concorrenza tramite vendita di prodotti analoghi a quelli commercializzati dall’azienda controllata. Con questo sistema, gli organismi di controllo possono essere sia enti pubblici che privati. In questo secondo caso, come avviene per l’Italia, i controllori sono a loro volta controllati da un ente pubblico che ne garantisce il buon funzionamento e la reale indipendenza di azione.
Certificazione partecipativa
I sistemi di garanzia partecipativa, così come la certificazione ufficiale, mirano a fornire ai cittadini una garanzia credibile sulla qualità dei prodotti commercializzati. La differenza rispetto alla certificazione di parte terza è che i produttori e i consumatori sono coinvolti nel processo di certificazione. Trasparenza e fiducia sono gli elementi essenziali della sua efficacia. Ad oggi, i sistemi di garanzia partecipativa hanno cominciato a diffondersi in alcuni paesi (USA, Brasile, India, Nuova Zelanda, Francia, Irlanda, Inghilterra, etc.) perchè permette a piccoli produttori e trasformatori di ridurre i costi, spesso troppo elevati, della certificazione tradizionale, mantenendo al minimo la burocrazia. Secondo i sostenitori del modello partecipativo, il sistema formale non riesce a garantire a pieno la qualità e l’integrità delle piccole biodiversità. La certificazione partecipativa chiede la fiducia dei consumatori attraverso la diffusione di informazioni, la trasparenza e il controllo della società civile. Il consumatore viene coinvolto nella definizione di norme e procedure di certificazione.
Certificazione di gruppo
La certificazione di gruppo funziona tramite la creazione di forme associative, e di network di imprese che aderiscono su base volontaria a standard comuni. La presenza di forme associative tra le imprese è spesso, pealtro, il vero nodo struturale di questo tipo di certificazione, che può essere utile per interventi di gestione sostenibile delle risorse delle aree interne del paese, o di aree protette, come i parchi naturali. La certificazione dei sistemi di gestione associata, l’etichettatura del prodotto finito, e quindi la certificazione della rintracciabilità del prodotto stesso nella filiera produttiva, può stimolare il mercato a riconoscere un “premium ambientale” per i prodotti provenienti da Aree Protette ben gestite contribuendo a ridurre i costi delle compensazioni pubbliche. In genere, ad un ente pubblico, ad esempio l’ente parco, spetta la verifica della correttezza del lavoro di certificazione di gruppo.
La certificazione del bio italiano in cifre
In Italia ci sono 43.000 aziende biologiche che ricevono da parte degli OdC circa 60.000 controllo l’anno, di cui 6.000 con prelievo di campioni. Per dare un’idea delle proporzioni, l’ispettorato Centrale per il controllo della Qualità dei prodotti agroalimentari dipendente dal Mipaaf – ha seguito nel settore del biologico, durante l’ultimo anno, 1.700 ispezioni su 2.000 prodotti di 1.500 operatori, portando a termine 400 campionamenti. (Fonti: Aiab, Coldiretti, Legambiente). La terzietà di questi organismi prevede che non abbiamo con le imprese controllate nessun tipo di rapporto passibile di “conflitto di interessi”, come l’assistenza tecnica, o la concorrenza tramite vendita di prodotti analoghi a quelli commercializzati dall’azienda controllata. Con questo sistema, gli organismi di controllo possono essere sia enti pubblici che privati. In questo secondo caso, come avviene per l’Italia, i controllori sono a loro volta controllati da un ente pubblico che ne garantisce il buon funzionamento e la reale indipendenza di azione.
Certificazione partecipativa
I sistemi di garanzia partecipativa, così come la certificazione ufficiale, mirano a fornire ai cittadini una garanzia credibile sulla qualità dei prodotti commercializzati. La differenza rispetto alla certificazione di parte terza è che i produttori e i consumatori sono coinvolti nel processo di certificazione. Trasparenza e fiducia sono gli elementi essenziali della sua efficacia. Ad oggi, i sistemi di garanzia partecipativa hanno cominciato a diffondersi in alcuni paesi (USA, Brasile, India, Nuova Zelanda, Francia, Irlanda, Inghilterra, etc.) perchè permette a piccoli produttori e trasformatori di ridurre i costi, spesso troppo elevati, della certificazione tradizionale, mantenendo al minimo la burocrazia. Secondo i sostenitori del modello partecipativo, il sistema formale non riesce a garantire a pieno la qualità e l’integrità delle piccole biodiversità. La certificazione partecipativa chiede la fiducia dei consumatori attraverso la diffusione di informazioni, la trasparenza e il controllo della società civile. Il consumatore viene coinvolto nella definizione di norme e procedure di certificazione.
Certificazione di gruppo
La certificazione di gruppo funziona tramite la creazione di forme associative, e di network di imprese che aderiscono su base volontaria a standard comuni. La presenza di forme associative tra le imprese è spesso, pealtro, il vero nodo struturale di questo tipo di certificazione, che può essere utile per interventi di gestione sostenibile delle risorse delle aree interne del paese, o di aree protette, come i parchi naturali. La certificazione dei sistemi di gestione associata, l’etichettatura del prodotto finito, e quindi la certificazione della rintracciabilità del prodotto stesso nella filiera produttiva, può stimolare il mercato a riconoscere un “premium ambientale” per i prodotti provenienti da Aree Protette ben gestite contribuendo a ridurre i costi delle compensazioni pubbliche. In genere, ad un ente pubblico, ad esempio l’ente parco, spetta la verifica della correttezza del lavoro di certificazione di gruppo.
La certificazione del bio italiano in cifre
In Italia ci sono 43.000 aziende biologiche che ricevono da parte degli OdC circa 60.000 controllo l’anno, di cui 6.000 con prelievo di campioni. Per dare un’idea delle proporzioni, l’ispettorato Centrale per il controllo della Qualità dei prodotti agroalimentari dipendente dal Mipaaf – ha seguito nel settore del biologico, durante l’ultimo anno, 1.700 ispezioni su 2.000 prodotti di 1.500 operatori, portando a termine 400 campionamenti. (Fonti: Aiab, Coldiretti, Legambiente).
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